Autore: Carlo Nithaiah Del Mar Pirazzini
Nel luglio del 1985, dopo tre anni di sviluppo, Amiga venne presentato al pubblico in un evento glamour con tanto di orchestra, esibizioni elaborate e la partecipazione di celebrità come Andy Warhol e Dabbie Harry.
In un’epoca in cui i PC IBM potevano visuale solo pochi colori e il MAC aveva ancora un display in bianco e nero, l’Amiga (poi ribattezzato Amiga 1000) era rivoluzionario.
Poteva visualizzare fino a 4096 colori simultaneamente con la modalità Hold-And-Modify (HAM), ideale per la visualizzazione di fotografie e il rendering 3D. Nella modalità standard supportava fino a 32 colori, superando di gran lunga i 16 colori dell‘Atari 520ST, lanciato poco tempo prima.
L’Amiga non impressionava solo per la sua grafica. Era in grado di produrre audio stereo a quattro canali, rendendolo ideale per i giochi e le applicazioni multimediali. Al contrario, i PC dell’epoca si basavano ancora su audio mono di base o anche meno, mentre l’ST era equipaggiata con il chip Yamaha YM2149F, che forniva tre canali audio più un canale per il “rumore”, il che era positivo, ma l’esperienza audio complessiva non era ricca quanto l’offerta Amiga.
Inoltre, il sistema operativo (sviluppato da MetaComCo) supportava un multitasking completo, consentendo l’esecuzione simultanea di più programmi. Questo rappresentava un vantaggio significativo ad altri sistemi dell’epoca, che in genere supportavano solo il multitasking singolo o cooperativo.

l motivo principale per cui Amiga poteva offrire funzionalità così avanzate era dovuto all’utilizza della CPU più economica per consumatori, il Motorola 68000 (con Bus dati esterno a 16 bit ma in grado di elaborare internamente a 32 bit) abbinato all’Original Chip Set (OCS), che includeva tre chip personalizzati denominati: Agnus, Paula e Denise. Questi chip, progettati da Jay Miner e dal suo team alla Commodore e prodotti da MOS Technology, gestivano la maggior parte della grafica e dell’audio, consentendo alla CPU di concentrarsi in altri compiti. Questa architettura a coprocessore rappresentò un importante passo avanti rispetto ad altri sistemi dell’epoca che si affidavano interamente alla CPU per gestire tutto, grafica, audo e operazioni I/O.
Ispirati da Apple, che firmò l’interno del case del Macintosh 128K, il team di sviluppo di Amiga decise di fare lo stesso. Le firme di 53 membri del team Amiga furono impresse all’interno della scocca in plastica dell’Amiga 1000, ma questo dettaglio si trova solo nei modelli Revision 6 (NTSC) e A (NTSC e PAL).



Due di queste firme spiccano. La prima è Mitchey, un’impronta di zampa che rappresenta l’amato cane di Jay Miner, spesso considerato la “mascotte non ufficiale” del team. La seconda è Joe Pillow, un personaggio immaginario. Quando il team Amiga portò il delicato prototipo dell’Amiga 1000 al Consumer Electronics Show (CES) nel gennaio del 1984, dovette assicurargli un posto sull’aereo. La compagnia aerea insistette per un nome da dare ai passeggeri, e il team scelse scherzosamente “Joe Pillow”.
Commodore lanciò una campagna promozionale impressionante prima dell’uscita dell’Amiga. Divenne il computer più atteso del 1985, ma il suo successo commerciale fu alquanto altalenante. Da un lato, l’architettura a coprocessore, combinata con il sistema operativo multitasking, gli consentiva di offrire prestazioni all’avanguardia per i suoi tempi. Dall’altro, gli sviluppatori dovettero apprendere nuovi concetti, come la gestione delle risorse di sistema, in modo diverso rispetto agli altri computer, rendendo rischioso investire in questa nuova piattaforma, soprattutto quando sistemi affermati come il Commodore 64 vantavano un’ampia base di utenti e un successo comprovato. Pertanto, la maggior parte dei programmi disponibili per Amiga erano semplicemente porting di altri sistemi. La mancanza di software esclusivo nel tempo, unita alla forte concorrenza (marchi come Apple e IBM dominavano il mercato), ostacolò il successo commerciale dell’Amiga nonostante il suo design innovativo.
Buon compleanno AMIGA